L'abbraccio al beato Rosario Livatino. Ora è tempo di ridare dignità al suo sacrificio


Via vai di pellegrini da questa mattina nella chiesa di santa Chiara, a Canicattì, in visita al beato Rosario Angelo Livatino, da ieri sera collocato all'interno del monumento di marmo realizzato per custodire il suo corpo mortale. 


La città in festa per il suo martire beato si è svegliata con i fuochi d'artificio che come da tradizione nella seconda domenica di maggio colorano il cielo canicattinese in onore del santissimo Crocifisso, a cui la comunità è da sempre moto devota. E proprio il simulacro della chiesa santo Spirito e quello del
l'Immacolata, ieri, hanno abbracciato la salma del giudice assassinato dalla mafia il 21 settembre 1990, all'arrivo in via Livatino per l'inizio della celebrazione eucaristica. 

Una giornata indimenticabile per Canicattì e tutta la diocesi, soprattutto per quanti hanno partecipato ai vari momenti. 

La mattina la conclusione della ricognizione e l'apposizione dei sigilli sulla pergamena inserita poi all'interno dell'urna. Nel pomeriggio la processione e la messa all'aperto presieduta dall'arcivescovo di Agrigento, monsignor Alessandro Damiano.  Parole cariche di significato quelle pronunciate dal pastore della chiesa agrigentina nella sua omelia, il quale ha invitato tutti a ridare onore alla dignità umana e non fermarsi a quel momento.


«Il nostro corpo ecclesiale sarà degno del corpo di Rosario solo se saprà incarnare il suo esempio e continuare la sua opera - ha detto nella sua omelia il pastore della chiesa agrigentina - Perché di reliquie, cioè di resti, che lasciano il tempo che trovano, non sappiamo cosa farcene. E non ci capiti di ingannare noi stessi, pensando che basti venerare le reliquie dei santi per riempirle di onori di cui non hanno bisogno, se non sappiamo ridare onore alla dignità umana che il loro sacrificio, unito a quello di Cristo, ha voluto promuovere, riscattare e custodire».

A seguire, il ritorno nel luogo di culto dove i fedeli hanno potuto sostare in preghiera per qualche attimo davanti al beato.  Infine, la collocazione dell'urna dentro il monumento di marmo nella cappella della chiesa intitolata alla fondatrice delle Clarisse. 

Una folla numerosa quella che ieri si è riversata in via Livatino e nelle traverse limitrofe. Migliaia i presenti, molti giunti anche dal resto della diocesi. Di certo meno rispetto ai numeri che si prevedevano e che avrebbe meritato un evento simile. Per quale motivo? forse perché tanti cittadini, tra cui un buon numero che si considera di fede cristiana cattolica, non hanno condiviso la traslazione della salma del giudice dalla cappella del cimitero a quella parrocchiale. 

Ma questo non è più il tempo delle polemiche e degli interrogativi. E' il tempo del silenzio, della preghiera e dei fatti. E' tempo di dimostrare che Rosario Angelo Livatino, primo giudice beatificato nella storia, canicattinese, venga accettato e venerato come merita. E' tempo che tutta Canicattì si risvegli concretamente. E' tempo di ridare dignità, usando ancora le parole dell'arcivescovo, al sacrificio del suo concittadino. E con i fatti! E' facile scrivere e dare giudizi dietro a un monitor o a uno smartphone, difficile passare ai fatti. E' tempo di tornare alla legalità, dalle piccole azioni quotidiane, dalla raccolta differenziata, dal parcheggiare dove consentito, dal rispetto delle minime regole di sana civiltà ed educazione. In mancanza di tutto questo, certi commenti sono del tutto inutili, si trasformano solo in sterili prese di posizione troppo spesso strumentalizzate da chi già si prepara alla prossima campagna elettorale. E questa non è certo Politica. 

Intanto, ha funzionato il piano traffico e sicurezza predisposto dalla giunta comunale, dalla protezione civile e dalle forze dell'ordine. Gran dispiegamento di uomini e donne in divisa, volontari delle guardie ambientali, della Croce Rossa, della Protezione Civile, dell'ordine di Malta, di altre associazioni che hanno prestato servizio affinché tutto procedesse senza problemi. Installati anche due schermi giganti in altrettanti punti nevralgici per permettere a quanti non hanno potuto raggiungere l'area vicina al palco di seguire la celebrazione.